10 esperienze per ricaricare lo spirito/10 experiences to recharge your spirit.

Ci sono dei luoghi al mondo che possiedono una particolare energia. Sono luoghi assai diversi tra loro, alcuni con una lunga storia alle spalle, altri meno conosciuti che però sono egualmente in grado di comunicarci sensazioni positive e farci sentire più sereni. Non si tratta in genere di sensazioni macroscopiche o radicali, sensazioni che ti sconvolgono la vita. Le folgorazioni avvengono, certo, ma dobbiamo anche saperci accontentare anche del piccolo momento, della percezione che qualcosa accanto a noi vibri. E questo indipendentemente che ci si trovi o meno in un luogo sacro. Nella mia vita mi è capitato molte volte di sentire questa sensazione mentre mi trovavo su un sentiero di montagna o su una scogliera battuta dal vento. Erano luoghi senza nome e senza storia in cui però si avvertiva fortemente il senso del “divino”, la presenza indescrivibile di un nume, di un genius loci. In altri invece, che conservavano la memoria di un evento che è avvenuto nel passato e che ancora si perpetua nel tempo, la sensazione è venuta dall’osservazione o dalla partecipazione al culto.
Dieci di queste esperienze, limitandomi a quelle che sono riconducibili a luoghi conosciuti e che possono essere quindi replicate, le voglio condividere con voi. Si tratta ovviamente di ricordi e sensazioni totalmente mie e sicuramente qualcun altro, visitando o avendo visitato questi luoghi, potrebbe non aver vissuto le stesse emozioni. Per me però ricordarli è come aprire uno piccolo scrigno di tesori che fino a ora avevo tenuto ben chiuso.

Sono esperienze avvenute in momenti diversi della mia vita, ma sono quelle che spesso mi tornano in mente e che mi danno la carica per continuare sempre a cercare e ad aggiungerne di nuove alla lista. Spero davvero che un giorno, almeno una queste esperienze possa darvi quello che allora aveva dato (ma in qualche caso continua ancora a dare) a me!

1 –  Sentire la presenza dei “kami” in una foresta del Giappone


Lo Scintoismo, la religione ufficiale del Giappone, ha un forte legame con le forze della natura e jinja, i santuari di questa religione, trasmettono spesso forti sensazioni emotive. Tra le varie esperienze vissute in questi santuari ricordo in particolare questa.
Il sentiero che risale la collina tra il villaggio di Kibune e la stazione termale di Kurama passa attraverso una foresta sacra i cui alberi sono legati dalle Shimenawa, le funi che segnalano uno spazio sacro nel mondo scintoista. Le radici dei cedri secolari si allungano tutt’intorno. C’è un silenzio che pare “denso” e i pellegrini che arrivano come me ansimando (la salita infatti è tutt’altro che agevole!)  al cospetto di questa natura sacra si inchinano davanti a un albero quasi si trattasse di una statua. Se c’è un momento dove ho avvertito la presenza dei “kami“, le energie spirituali che emanano da alcuni luoghi, è stato proprio camminando in questo bosco.
Per leggere di un esperienza simile: Kyoto: Kamigamo Jinja, il mistero dello scintoismo.

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Sacred roots in the path on the Kibune-Kurama trail, Japan. Ph. Maria Lecis.

2 – Camminare recitando il Rosario in un Sacro Monte


Nati nel XVI secolo come surrogato del Pellegrinaggio in Terra Santa, i Sacri Monti sono una straordinaria macchina di devozione dove arte, simboli e natura si fondono in modo perfetto. Non sempre però i visitatori paiono aver presente questo aspetto, riducenoli a una semplice meta per scampagnate… con qualche significativa eccezione.
La gente seduta ai tavoli da pic nic, i venditori di souvenir, tutto sembrava avere il solito approccio, un po’ pagano, che si avverte avvicinandosi a un luogo sacro. Poi, una volta entrato nel bosco di Kalwarya, a pochi chilometri da Wadowice, la città natale di Giovanni Paolo II,  le cappelle che ricordano gli eventi della Passione, tipiche della devozione dei Sacri Monti nata proprio in Italia, mi apparvero come vere stazioni di un flusso di pellegrini che pareva vivere un’esperienza grande e unica. Il tutto avveniva mentre gli altoparlanti diffondevano il Rosario a cui ognuno, anche se impegnato in altre occupazioni, disciplinatamente rispondeva e rispondendo rendeva lo spazio che lo circondava e in cui io penetravo curioso, un immenso recipiente spirituale.
Per leggere di un esperienza simile:  Sacro Monte di Orta: un percorso francescano/The Sacred Mount of Orta, a Franciscan path.

3 – Ascoltare il silenzio del tempo in una cattedrale gotica

La Gran Bretagna è una terra di cattedrali che assumono talvolta le forme oscure e affascinanti del romanico normanno talvolta quelle spettacolari e mozzafiato del gotico verticale. Sono comunque luoghi in cui non è difficile trovare un angolo protetto per ascoltare il silenzio.
Notturna e profonda, alta sulla collina che domina il fiume Wear, la cattedrale normanna di Durham, nel Nord dell’Inghilterra, è uno spazio che può generare emozioni. Le sue colonne decorate, il suo delizioso Galilee, ma soprattutto il privilegio di non essere, malgrado la sua bellezza, una meta del turismo di massa, ne fanno uno spazio da dove è difficile allontanarsi dalla realtà, guardando i giochi di luce delle vetrate, osservando la tomba del Venerabile Beda, maestro del pensiero alto medievale, ascoltando l’apparente silenzio dei secoli, di cui sono colme le cattedrali europee, e che qui viene amplificato in modo mirabile.

4 – Fare un crocifisso con piccoli legni portati dal mare

Non sempre sono necessari muri e architetture per creare una sensazione spirituale. Il monachesimo celtico, diffuso in Irlanda e Scozia, ha consacrato alla memoria dei suoi santi missionari luoghi in cui il messaggio divino della natura trascende la necessità di uno spazio rituale definito. 
Ricorderò per sempre la grotta di san Ninian (St Ninian’s Cave), che si raggiunge con una piacevole passeggiata su una spiaggia selvaggia nella regione del Galloway nel sud Ovest della Scozia, perché qui, seguendo una tradizione locale mi ritrovai a costruire un semplice crocifisso raccogliendo pezzi di legno portati dal mare e a deporli davanti alla grotta nella scogliera dove si ritirò l’evangelizzatore della Scozia. nel vicino villaggio di Whitorn ci sono anche una bella chiesa e un piccolo museo perché questo fu il primo luogo cristianizzato della Scozia, ma quel semplice rito sulla spiaggia è rimasto per me un momento indimenticabile.
Per leggere di un esperienza simile: Iona, Scozia, isola di santi e re/Saint & Kings at Iona, Scotland,

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5 – Riflettere sui misteri della natura seduto in una piccola cappella di montagna

Percorrendo i sentieri di montagna non è difficile incontrare piccoli edifici sacri che sono stati costruiti in tempi in cui quei passaggi, che sono oggi divenuti puramente turistici, erano invece vitali per le comunicazioni tra valli che erano piccoli mondi uguali ma diversi tra loro. Molto spesso quei luoghi sono memoriali di fatti prodigiosi, di guarigioni o di grazie ricevute. Ma eventi prodigiosi possono continuare a verificarsi..
“Vede, mi diceva l’albergatore venuto qui dall’Italia negli anni Sessanta, nella valle non crescono più alberi. Un alluvione se li è portati via tutti, con i ponti e ogni cosa.. La furia delle acque però ha risparmiato la Cappella di san Nicolao!” Ero a Flüli Ranft nel cantone di Obwald in Svizzera, il paese dove visse san Nicolao, il santo patrono della Confederazione. Un piccolo rettangolo di verde, intatto, sopravviveva infatti nella valle e, sull’altro versante, se ne vedeva un altro, anch’esso con al centro una piccola cappella. Per arrivarci bisognava passare su un ponte provvisorio perché quello vero se l’era portato via l’acqua… Nella piccola cappella due suore, inginocchiate, pregavano mentre un vento si alzava dalla stretta valle portando sibili ed echi. Qui il patrono della Svizzera, si ritirò da uomo adulto e di successo, a meditare e, sentendosi chiamato, cambiò la propria vita. Nicolao della Flue lavorò poi anche per la salvezza della Confederazione e pare che la sua attività di protezione non sia mai terminata. Io quella sera ne sentii la presenza.
Per leggere di un esperienza simile:  Pietralba/Weissenstein, un pellegrinaggio tra le Dolomiti- Pietralba/Weissenstein a pilgrimage in the Dolomites

6 – Visitare  una chiesa romanica di notte

Le chiese, escludendo alcune particolari occasioni liturgiche, chiudono oggi i battenti al tramonto e la nostra percezione dello spazio sacro è necessariamente divenuta soprattutto luminosa, sia per la presenza di luce naturale sia per quella artificiale necessaria alle funzioni. Eppure trovarsi da solo in una chiesa quando è notte e ci sono solo luci di candele a bucarne lo spazio è un’esperienza irripetibile e fortificante, la stessa che dovettero vivere i nostri antenati. Se poi la chiesa in questione è un vero capolavoro del romanico mondiale l’effetto prodotto è davvero indelebile!
Me ne avevano parlato di Sainte Foy (Santa Fede) come una delle più belle chiese romaniche d’Europa e ne avevo letto meraviglie su uno dei mitici volumi della casa editrice Zodiac chiamato “La via Lattea” (edito in Italia da Jaca Book) che descriveva i tesori sul Cammino di Santiago in Francia. Mai però avrei immaginato di averla tutta per me in una fredda sera di marzo. Ero arrivato a Conques, piccolo villaggio dell’Aveyron, nell’Occitania, al tramonto e avevo in programma di visitarla il mattino dopo. Uscito dopo cena per far passeggiare il cane me la ritrovai davanti splendida e silenziosa. La mia sorpresa crebbe quando scoprii che le sue porte erano ancora stranamente aperte. Provate a restare soli al buio in una grande chiesa romanica in una notte di primavera. . Nessun rumore. Ombre e spazi che paiono indefiniti. Così doveva viverla il pellegrino che vi arrivava esausto e che cercava ristoro davanti al “corpo santo” di Santa Fede che qui è sepolto. Sono tornato naturalmente a visitarla il mattino dopo ed era ovviamente bellissima, ancor più di come l’avevo immaginata, ma ero conscio di avere avuto un privilegio e ora potevo permettermi di ammirare l’armonia delle sue forme come quando si esce da un sogno e si è ansiosi di confrontarlo con la realtà.

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The ghats of Varanasi. ph. Maria Lecis.

7 – Sedersi, meditare, contemplare in un ghat dell’India

I ghat, i gradini che portano a uno specchio d’acqua sacro, sia esso un fiume, un lago o un bacino artificiale appositamente costruito, sono una presenza costante nel paesaggio sacro dell’India. I pellegrini indù li usano come luogo in cui prepararsi alle abluzioni, meditare contemplando le acque, dormire la notte. Alcuni decidono anche di viverci. Ovunque ci siano un tempio e dell’acqua troverete un ghat. Ma i ghat più grandi, spettacolari e giustamente famosi sono quelli di Varanasi, la più sacra tra tutte le città.
Questo momento l’avevo a lungo procrastinato, incerto se sarebbe stato davvero pari alla mia attesa. Varanasi era un luogo di emozione e di paura. Poi la decisione. La scoperta. L’infatuazione. Il ricordo del tempo passato seduto a guardare, a sentire, a essere per un breve momento sospeso dai pensieri e dalle incombenze onerose. Potrei dire: se c’è un luogo da cui distaccarmi mi è costato dolore e di cui provo sempre una sottile nostalgia quello è Varanasi, sono i suoi ghat su cui si coglie la vita e si supera la morte, dove santi, mendicanti, famiglie, backpackers internazionali e rispettabili indiani, sembrano fondersi davanti alla corrente della Ganga, il fiume madre.
Ne ho parlato più diffusamente qui Varanasi: pensieri sulla morte e sulla vita nella “città tempio” dell’India./Reflections about death and life in the Indian “temple city”.

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Hazrat e Masumeh, Qom, Iran. ph. Maria Lecis

8 –  Visitare un Imamzadeh in Iran

Il culto dei santi è una delle pratiche più diffuse nell’Islam sciita, praticato in Iran, e costituisce anche uno dei maggiori elementi di controversia con i puristi sunniti che invece rivolgono la propria devozione esclusivamente ad Allah. I luoghi di sepoltura di personaggi di alto profilo spirituale sono per gli sciiti meta di intensi pellegrinaggi, similmente a quanto avviene per i santuari cristiani. Spesso rivestiti di specchi e preceduti da ampi cortili, gli imamazadeh e gli hazarat sono normalmente aperti anche ai non musulmani e vi si può sostare osservando la grande devozione dei visitatori e assorbendone indirettamente i benefici spirituali.
Mi avevano detto: entrare nel sacro recinto del santuario di Qom, la più santa delle città iraniane, è impossibile, non sono ammessi turisti, tanto meno non musulmani. Ma Alì mi conosceva e sapeva quanto fosse importante per me questa visita. Così chiese, assicurò, garantì ed alla fine fui ammesso a un’anticamera dove un colto ayathollah, curiosamente nato a Milano, mi intrattenne a lungo parlando italiano per capire le mie intenzioni. Erano buone e rispettose così entrai, non solo nel cortile ma anche nel sancta sanctorum dove  uomini di ogni età, venuti da tutto l’Iran, si mettevano silenziosamente in fila per appoggiare la fronte al sepolcro di Fatima Mazumeh, la venerata sorella del Imam Reza. Mi accolsero, mi portarono come un ospite d’onore fino al sepolcro mormorando preghiere. Molti di loro piangevano per la felicità di trovarsi in quel luogo e per un attimo mi sentii anch’io uno di loro, prima di tornare all’esterno, sotto le splendide cupole d’oro, nei cortili rivestiti di maioliche. Prima di capire che era davvero successo e non sapevo il perché.
Per chi fosse interessato all’Iran: Le città sante dell’Iran/Holy Cities of Iran

Boudhanath, Nepal, round square
The square of Boudhanath, Nepal, before 2015 earthquake. ph Maria Lecis

9  –  Camminare attorno a uno stupa

Uno stupa è uno tumulo costruito per custodire delle reliquie o dei testi sacri che può essere di minime dimensioni o può divenire un monumento imponente. Una delle pratiche più diffuse della preghiera tibetana è la circumambulazione in senso orario dello stupa, fatta recitando per ogni giro un mantra o una preghiera. C’è chi gira lentamente per ore, chi lo fa una volta sola rapidamente, chi lo fa avanzando solo sulle braccia. Girare attorno è comunque un’esperienza che libera la mente e infonde tranquillità e leggerezza.
Il concetto di spazio sacro è molto chiaro a Boudhanath, cittadina della valle di Kathmandu in Nepal. Fuori c’è confusione, disordine, rumore, polvere. Asiatico caos. Poi si percorre uno stretto passaggio tra le case e ci si trova in una grande piazza circolare al centro della quale sorge uno dei più grandi stupa del mondo. Gli occhi di Buddha che ti osservano, le preghiere incise sulle “ruote” che girano in continuazione, mandando messaggi di pace. Cammini, fai partire la ruota e ti abbandoni al “non pensiero”, lasciando che i tuoi passi si susseguano, giro dopo giro, e che i tuoi occhi colgano, distrattamente, gli eterogenei edifici (templi, monasteri, negozi, ostelli, ristoranti) che creano il cerchio che circonda lo stupa. Compere la circumambulazione di uno stupa è un esperienza comune a ogni tempio del buddismo Vajrayana (o buddismo tibetano come è più facile definirlo) ma quello di Boudhanath, forse per le sue dimensioni e per il fatto di essere al centro di un cerchio, ha davvero qualcosa di speciale.
Per leggere di un esperienza simile: Boudhanath, Nepal: una magica storia di fede (A magical story of faith).

10 –  Essere “rapito” dalla magia da un rito cristiano ortodosso

Assistere alla  liturgia ortodossa può essere emozionante e faticoso: faticoso perché i riti sono lunghi e spesso bisogna rimanere sempre in piedi; emozionante perché i canti, le apparizioni dei celebranti dall’iconostasi, la diffusione di incensi, la serie di ostensioni, benedizioni, baci di reliquie, avvengono spesso in un contesto di penombra con grande profusione di candele in cera grezza che ardono e rendono le esperienze indimenticabili.
Da tempo desideravo visitare il monastero di Rila, isolato tra le montagne della Bulgaria, considerato uno dei più belli del mondo cristiano ortodosso. C’ero però arrivato per caso, a sorpresa, in una piccola fuga organizzata da “altri” in un occasione professionale, e l’avevo trovato davvero pari alla sua fama. Il grande cortile con le logge, la chiesa coperta da affreschi anche all’esterno, i monaci indaffarati. Insomma tutti gli ingredienti sufficienti e necessari a rendere una visita indimenticabile. Poi però iniziò la preghiera del vespro e mi ritrovai nella chiesa, ormai invasa dalle ombre della sera, ad ascoltare i canti dei monaci. Raramente mi è capitato di essere “rapito” da una situazione come in quella sera di ottobre a Rila. Le voci si legavano alle figure che ricoprivano ogni angolo della chiesa, ormai  illuminate solo dalla luce di piccole lampade votive e candele. Stavo vivendo una di quelle situazioni che avrei voluto definire senza fine.. e invece “gli altri” mi presero per un braccio e mi trascinarono fuori perché era tempo di tornare alla nostra base e del canto dei monaci non pareva interessare a nessuno…Mi sentii come mutilato. Da quel giorno ho assistito a molte altre celebrazioni ortodosse imponendomi con soddisfazione di farlo fino in fondo!
Per leggere di un esperienza simile: Mosca: il monastero Novospasskji. Riflessioni su forma e sostanza/Moscow: Novospasskji Monastery.

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