Varanasi: pensieri sulla morte e sulla vita nella “città tempio” dell’India./Reflections about death and life in the Indian “temple city”.

Ogni tanto mi prende la voglia di scrivere di Varanasi. E mentre scrivo mi viene voglia di esserci. Non mi era capitato per nessun’altra città al mondo, né per Roma, né per Gerusalemme né per Kyoto, a cui pure ho dedicato un libro.. Non scriverò mai un libro su Varanasi. perché lo trovo un esperimento superiore alle mie capacità, ma non posso impedire a momenti di ricordo di emergere dalla mia memoria e del mio cuore e di condividerli con chi leggerà questi post…  Sono riflessioni disorganiche, non certo consigli di viaggio o suggerimenti di visita. Si può “visitare” Varanasi come una qualsiasi altra città del mondo? Credo proprio di no… Non capisco infatti coloro che la includono in tour “all India”. magari facendosi accompagnare da una furba guida che racconta aneddoti e fatti curiosi e distrugge la magia dell’ascolto silenzioso e spontaneo che è, a mio avviso l’unico modo vero di vivere questa città. E poi c’è la questione della morte….

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Meditazioni eterogenee.. ovvero la magia di Varanasi.  Ph. Maria Lecis.

C’è qualcosa di velatamente  morboso nella domanda che spesso mi sento fare quando parlo di Varanasi: “ma è vero che si bruciano cadaveri sulle rive del fiume?”  Nel pronunciare questa fatidica frase scorgo arricciamenti di naso, pupille che si dilatano in un trattenuto senso di orrore. La mia risposta è sempre la stessa: “Sì, ci sono alcuni ghat (le scalinate che conducono al Gange) dedicati alla cremazione ma si possono, anzi si devono evitare, perché sono luoghi di riti privati anche se avvengono a cielo aperto”. Cosa penseremmo se durante un nostro funerale scorgessimo gruppetti di turisti indiani che sbirciano, parlottano e scattano foto al rito della sepoltura e ai parenti?
Certamente ci indigneremmo e invocheremmo la privacy assoluta del dolore.. Ma non ci sono turisti indiani che si aggirano per luoghi di sepoltura occidentali. Quindi, sebbene il ghat funerario non sia un luogo chiuso come un cimitero o un crematorio, è necessario girare attorno al ghat funerario passando, accanto alle pile di fascine accumulate sui gradini in attesa di essere bruciate, e proseguire le deambulazioni contemplative sulle rive del fiume.

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Un ghat per le cremazioni visto dal fiume. Astenersi da giudizi superficiali. Ph. Maria Lecis.

Oppure si può osservare il tutto da una certa distanza, seduti a bordo di una barca, che scivolando sul Gange inevitabilmente bordeggia anche le aree di cremazione. Le acque sacre però creano un certo filtro tra l’osservatore e la scena, ponendosi come uno spazio continuo di passaggio tra la morte e la vita che l’inarrestabile corrente del “fiume Madre” degli Hindu simboleggia in modo fisico ed eloquente. Tra noi, occidentali e cristiani, e gli indiani esiste una grande differenza: noi crediamo che il corpo sia “uno”, legato alla nostra anima, mentre per gli indiani il corpo è solo un mezzo di passaggio nel ciclo delle reincarnazioni che l’anima occupa nei suoi vari passaggi su questa terra conformemente ai propri meriti e al proprio karma.  Senza questa riflessione, senza questa percezione diversa del valore della carne, delle ossa e della cenere in cui essi inevitabilmente si trasformano, è difficile capire quello che avviene sulla sponda del fiume mentre scorrono davanti a noi le meravigliose visoni della città sacra.

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A Varanasi non si deve andare con la guida! Perché ogni angolo è un’occasione di ascolto. Ph. Citypilgrim.

Perché se è vero che cercare la morte a Varanasi è meritorio, ed è questo il motivo per cui molti indiani scelgono di passare qui i loro ultimi anni di vita, è anche vero che Varanasi è un intenso e inarrestabile propulsore di energia vitale. Non è possibile descrivere, e credo che in gran parte sia anche una questione di sensibilità soggettiva, cosa significhi davvero “energia vitale”. Quello che posso dire, ed è una sensazione condivisa da chi ha vissuto quell’esperienza con me, è che a Varanasi sei chiamato a uscire fin dal sorgere del sole, che vedi salire, spesso velato da nebbioline, sulla sponda opposta del Gange che proprio per questo motivo non è stata mai edificata ed offre ogni giorno questo questo imponente spettacolo di vita. L’atman, lo spirito vitale che è alla base di ogni cosa, che è noi e fuori di noi, si percepisce in modo prepotente proprio in quei momenti. Tu, vivendolo, non sai di cosa si tratta. Poi ti capita di leggere qualche pensatore o mistico indiano e ti ritrovi a dire: ” Ah, ora capisco cosa intendi, è il sorgere del sole a Varanasi…”

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Il sorgere del sole a Varanasi, una delle esperienze che ti accompagnano per tutta la vita. Ph. Citypilgrim.

I precedenti post dedicati a Varanasi li puoi leggere a questi link:

Varanasi: con i piedi nel Gange. L’esperienza di vivere i ghat/Varanasi: living the ghats, an experience.

Varanasi, anche lo sterco è bellezza/The beauty in a cowshit

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Tutto è questione di luce, a ogni ora del giorno la sua magia. Ph. Maria Lecis.

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