Gli olivetani dall’abito bianco, noti per il loro amore per l’arte e la cultura, sono una delle più affascinanti congregazioni dell’universo benedettino. Non numerosissimi, vivono in abbazie di grande interesse, diffuse in tutto il mondo, anche se è in Italia che si trova il cuore dell’ordine: l’abbazia madre di Monte Oliveto Maggiore in provincia di Siena. Da qui voglio partire per una breve presentazione di questa interessante esperienza religiosa. Ho scelto di parlare anche di altre due “abbazie simbolo” che con la Casa Madre formano un trittico di grande valore artistico: san Miniato al Monte di Firenze e san Nicola di Rodengo Saiano presso Brescia. Confrontate le storie di san Benedetto dipinte nel chiostro di Monte Oliveto Maggiore con quelle di san Miniato al Monte oppure la raffinatezza del coro intarsiato dell’abbazia madre con quello di Rodengo e capirete cosa intendo per Monte Oliveto style!

Fondati nel 1313 dal nobile professore senese Bernardo Tolomei, gli Olivetani costituiscono il principale movimento benedettino di riforma del 1300. Nonostante i difficili esordi (la scomunica per ghibellinismo del vescovo Guido Tarlati, loro patrocinatore, e la pestilenza del 1348 che colpisce gran parte dei suoi monaci) la nuova congregazione riesce a crescere, accogliendo tra le sue file anche monasteri prestigiosi come san Miniato al Monte a Firenze. Il suo rigido centralismo permetterà alla congregazione di Monte Oliveto di sfuggire al deleterio regime della Commenda, vivendo una straordinaria stagione spirituale e artistica nel XV e XVI secolo. Calligrafi, pittori, intarsiatori e minatori, gli Olivetani dei secoli d’oro riescono ad abbinare una vita fatta di silenzio e rigida osservanza benedettina alla creazione di vere e proprie opere d’arte di cui l’abbazia madre di Monte Oliveto Maggiore è ancor oggi custode. La Congregazione si caratterizza storicamente anche per la sua devozione mariana.

Monte Oliveto Maggiore (“Maggiore” per distinguerla dalle altre sorte in seguito con il suo nome ma oggi non più appartenenti all’ordine), è per me un luogo unico, perché qui, ancora liceale, trascorsi un indimenticabile periodo si condivisione della vita monastica. Monte Oliveto è una visione, un isola di verde protesa verso un grigio canyon di rocce brulle. Gli edifici, tutti in rosso mattone, emergono a loro volta dal verde della macchia che li circonda con un gioco cromatico alquanto suggestivo. Se si arriva da Chiusure, il piccolo paese aggrappato su un precipizio che la fronteggia, l’abbazia appare in tutto il suo selvaggio isolamento, quasi protesa nel vuoto, piattaforma di mistica meditazione in uno scenario desolato. Casa Madre della Congregazione e residenza del suo Abate Generale, l’abbazia ospita anche il noviziato ed è per questo che vi si nota spesso un intenso via vai di giovani monaci che qui trascorrono parte del loro periodo di formazione monastica. Certamente l’Abbazia Madre (o Archicenobio che dir si voglia) è una sintesi di questa via serena e gioiosa del monachesimo benedettino. Scrigno d’arte quanto pochi altri nel mondo, è una delle più visitate abbazie italiane e non passa giorno che i visitatori non ne invadano il tranquillo parco e lo splendido Chiostro Maggiore. Per coglierne la più profonda essenza bisogna quindi capitarvi in un giorno infrasettimanale di una stagione intermedia o, meglio soggiornare per qualche giorno nella sua organizzata foresteria. Per informazioni ecco il sito dell’abbazia.

Il Chiostro Grande conserva uno dei più interessanti cicli di affreschi del Rinascimento italiano: le “Scene della vita di San Benedetto” dipinte dal 1497 al 1506 da Luca Signorelli e Gian Antonio Bazzi detto il Sodoma. Sono del Signorelli gli affreschi del lato occidentale, del Sodoma quelli degli altri tre lati. Ci sono pochi luoghi nell’Occidente monastico capaci di uguagliare il Chiostro Grande di Monte Oliveto per il sublime equilibrio tra arte, architettura e spiritualità. Questo spazio costituisce, a mio avviso, uno dei più grandi capolavori dell’arte monastica, non solo per le valenze estetiche comunque altissime da esso espresse, quanto per la perfetta corrispondenza tra elaborazione artistica, messaggio religioso e scansione dello spazio. Altro ambiente giustamente famoso tra i visitatori di abbazie è il grande Refettorio dall’arredo originale con tavoli, panche e pulpito in legno e severi affreschi seicenteschi. La chiesa invece è stata quasi completamente rifatta nel 1772 ma conserva i magnifici stalli intagliati dal monaco Giovanni da Verona tra il 1502 e il 1505. Sono tra i più belli al mondo per finezza dell’esecuzione e varietà dei soggetti riprodotti, giochi prospettici, punti di vista.

La seconda abbazia olivetana davvero speciale è quella di san Miniato al Monte, a Firenze. L’abbazia è una delle più antiche presenze monastiche nel territorio fiorentino. Edificata sul sepolcro di un martire morto durante le persecuzioni di Decio (le cui spoglie si venerano ancora nella cripta), l’abbazia ha sempre occupato un ruolo importante nelle vicende della città che guarda dall’alto con la sua splendida facciata a fasce bianche e verdi. San Miniato venne affidata nel 1373 agli Olivetani che, oltre a ridare vigore spirituale alla comunità, si preoccuparono, in linea con la propria sensibilità umanistica, di arricchire un complesso già notevole con numerosi interventi artistici. Oggi possiamo ammirare un prezioso pavimento con intarsi marmorei del 1207; la cappella del Crocifisso, del Michelozzo, con volta decorata da Luca della Robbia; un pergamo duecentesco; l’abside decorata con un mosaico duecentesco restaurato da Alessio Baldovinetti nel 1491 e soprattutto la cappella del cardinale del Portogallo decorata da Luca e Andrea della Robbia e affrescata dal Baldovinetti e dal Pollaiolo, con un monumento capolavoro di Antonio Rossellino. Nella sagrestia si trova il ciclo delle Storie di San Benedetto, dipinto da Spinello Aretino alla fine del Trecento, e che costituisce uno dei più integri cicli esistenti sulla vita del Santo. Nel chiostro affreschi di Andrea del Castagno e di Paolo Uccello.

Il terzo luogo olivetano di grande valore artistico e religioso di cui vi parlo è l’abbazia di san Nicola a Rodengo Saiano in provincia di Brescia. Malgrado la sua fondazione risalga all’Alto Medioevo, appare oggi comunque come un’abbazia tipicamente rinascimentale e olivetana poiché proprio ai monaci bianchi di Monte Oliveto si deve la quasi completa ristrutturazione degli edifici avvenuta tra il 1445 e il 1600 nelle forme che ancora vediamo. Elegante e serena, l’abbazia, ospitò molti pittori di scuola bresciana che ne abbellirono gli edifici. Romanino, Moretto, Lattanzio Gambara, Grazio Cossali, quattro nomi forse poco noti alla moltitudine, sono tutti grandi interpreti della scuola pittorica che si sviluppò a Brescia nel XVI secolo e hanno infatti lasciato proprie importanti opere a san Nicola di Rodengo Saiano (Refettorio, Sacristia, Sala Capitolare). Notevoli anche le tarsie cinquecentesche eseguite dal frate olivetano Raffaello da Brescia nel coro e nella porta della chiesa e i tre chiostri, tra cui il monumentale Chiostro Grande.
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The white-dressed Olivetans, known for their love for art and culture, are one of the most fascinating congregations of the Benedictine universe. Now they are rather few and still live in great abbeys, spread throughout the world, but the heart of the order is the “mother abbey” of Monte Oliveto Maggiore in Tuscany. There’re two other symbolic abbeys that, together with the “mother abbey”, form a triptych of great artistic value: san Nicola of Rodengo Saiano, near Brescia, and San Miniato al Monte in Florence. Compare the stories of St Benedict in the cloister of Monte Oliveto Maggiore with those of St Miniato al Monte or the inlaid choir of the mother abbey with that of Rodengo Saiano one! That’s the real Monte Oliveto style!
Founded in 1313 by Bernardo Tolomei, the Olivetans are the main Benedictine reform movement of 1300. Calligraphers, painters, inlayers, and miners, the Olivetans succeeded in combining a life of silence and strict Benedictine observance with the creation of true works of art. The Congregation is also historically characterized by its Marian devotion. Monte Oliveto Maggiore is for me a very special place: when I was a student I spent here an unforgettable period sharing monastic life. This abbey is a vision, an island of green in a gray canyon. The buildings, all in red bricks, emerge in turn from the green of the scrub that surrounds them with a rather suggestive chromatic game. If you come from Chiusure, the small village clinging to a precipice that faces it, the abbey appears in all its wild isolation, almost stretched into the void, a kind of platform for mystical meditation in a desolate setting. Motherhouse of the Olivetan Congregation and residence of its General Abbot, the abbey is also home to the novitiate. This Archicenobium is a real synthesis of this serene and joyful way of Benedictine monasticism. In Monte Oliveto you must see a cloister preserving one of the most interesting cycles of frescoes of the Italian Renaissance: “Scenes from the life of St. Benedict” painted from 1497 to 1506 by Luca Signorelli and Gian Antonio Bazzi known as Sodoma. Few monastic places can match the Great Cloister of Monte Oliveto for the sublime balance between art, architecture and spirituality. This space is, in my opinion, one of the greatest masterpieces of monastic art, not only for its high aesthetic values, but also for the perfect correspondence between artistic elaboration, religious message and space scanning. Don’t miss the large Refectory, with an original furniture, a wooden pulpit and severe seventeenth-century frescoes. The church, on the other hand, was almost completely rebuilt in 1772, but it preserves the magnificent stalls carved by the monk Guido da Verona between 1502 and 1505, among the most beautiful in the world.
The second Olivetan abbey is San Miniato al Monte in Florence. Built on the tomb of a martyr whose remains are still venerated in the crypt, the abbey of San Miniato was entrusted in 1373 to the Olivetans . Worth a visit the precious floor with marble inlays from 1207; the chapel of the Crucifix by Michelozzo, with a vault decorated by Luca Della Robbia; a thirteenth-century pulpit; the apse, decorated with a thirteenth-century mosaic restored by Alessio Baldovinetti in 1491 and, overall, the chapel of the cardinal of Portugal decorated by Luca and Andrea Della Robbia and frescoed by Baldovinetti and Pollaiolo; the monument is a masterpiece by Antonio Rossellino. In the sacristy, you can see the mystical Stories of St. Benedict, painted by Spinello Aretino at the end of the fourteenth century. In the cloister frescoes by Andrea del Castagno and Paolo Uccello.
The third Olivetan place of great artistic and religious value is the abbey of St. Nicholas in Rodengo Saiano near Brescia. Although its foundation dates back to the Early Middle Ages, Rodengo Saiano appears today as a typical Renaissance and Olivetan abbey. The white monks of Monte Oliveto completely renovated the buildings between 1445 and 1600. Elegant and serene, the abbey also hosted many painters of the local school like Romanino, Moretto, Lattanzio Gambara, Grazio Cossali, great interpreters of the pictorial school that developed in Brescia in the sixteenth century, that worked in the Refectory, Sacristia, and Chapter Hall. Also noteworthy are the sixteenth-century inlays made by the Olivetan friar Raffaello da Brescia in the choir and in the door of the church and the three cloisters, including the monumental Great Cloister.
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