Kyoto, Monte Hiei: il centro spirituale della scuola Tendai/Kyoto, Mount Hiei, the spiritual center of the Tendai Sect.

Ecco un altro estratto da un capitolo del mio libro: Lo Spirito di Kyoto dove trovate la storia integrale. Questa la volta racconto la salita agli 845 metri dello Hieizan, il monte protettore di Kyoto. Un pellegrinaggio importante e antico perché coinvolge il principale centro di formazione religiosa nella storia del Giappone.

Il bus carico di pellegrini arranca sui tornanti che portano al più sacro tra i monti che circondano Kyoto. Sono l’unico non giapponese tra i passeggeri: famiglie, anziani, coppie di ragazze che leggono con attenzione qualche strana guida locale. Prima che iniziassero i tornanti, mentre l’autobus si lasciava alle spalle la verde periferia di Kyoto, avevo rapidamente consultato i miei appunti per verificare come tutti i fondatori della principali scuole buddiste giapponesi siano stati formati al monte Hiei che, fino alla distruzione operata dal condottiero Oda Nobunaga nel XVI secolo, era un centro di potere in grado di influire sulla vita politica stessa dell’impero. Le stesse strade che ora  osservo dal finestrino in un silenzio e in una tranquillità che possono essere solo giapponesi, erano allora percorse in senso opposto dai bellicosi monaci guerrieri che scendevano dal monte in processione, recando con loro una sacra reliquia, prima di piombare sui centri del potere di Kyoto a far valere le proprie ragioni. Quando poi nascevano nuove scuole buddiste, non era raro vedere i loro templi “eretici” incendiati dai giustizieri del monte Hiei. Eppure, malgrado queste storie di violenza e sopraffazioni, il monte Hiei è rimasto un luogo di elaborazione mistica, anzi, dopo che venne completamente dato alle fiamme dagli shogun, subì una vera e propria purificazione, abbandonando la sua dimensione politica per ritornare a un modo di vita più spirituale. Sbircio di nuovo sulla guida delle mie vicine e mi immagino che stiano studiandone la storia, rievocando la sua fondazione, tornando a quell’anno 788, quando Dengyo Daishi, meglio conosciuto come Saicho, fondò un tempio sulla montagna che dominava la nascente capitale, in una posizione già occupata da un santuario scintoista e come tale considerata perfetta (secondo calcoli geomantici) per proteggere la nuova città imperiale da influenze malefiche.
Quel piccolo tempio crebbe e si sviluppò, fino a divenire una vera e propria città monastica, popolata non solo da spiriti mistici ma anche dai bellicosi monaci guerrieri, detti so-hei. E’ famosa l’affermazione dell’imperatore Shirakawa (secolo XI) che sosteneva che “ci sono tre cose al di là del mio controllo: le inondazioni del fiume Kamo, il gioco dei dadi e i monaci del monte Hiei”.
Scendo alla fermata dell’Enryaku-ji, questo è il nome del tempio principale del monte, deturpata da un enorme posteggio gremito di auto. La prima impressione non è positiva. Mi sembra di essere arrivato nel piazzale di un parco dei divertimenti più che in un luogo sacro ma, una volta pagato il biglietto e superato il cancello d’ingresso, questa impressione svanisce. Dal profondo del bosco sale un profondo suono di campana e questo basta per riportare me e gran parte dei visitatori a una dimensione più consona. Il percorso, in leggera salita, è accompagnato da grandi pannelli su cui sono riprodotte, in modo drammatico, scene di vita di abati e sant’uomini che popolarono il “nido del dharma” (questo è uno dei nomi del Monte) fino al Daiko-do, il padiglione dove venivano formati i monaci, ora luogo di passaggio “introduttivo” alla montagna sacra.

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Mappa all’ingresso del complesso del Todo, uno dei tre che formano il tempio Enryaku/The map of Todo, one of the three compounds of the Enryaku Temple. ph. Maria Lecis

Sembra non esserci una logica nella disposizione dei templi dell’Enryaku: sembra quasi che i padiglioni siano stati gettati sulle pendici del monte con un gesto ampio e benedicente, addensandosi in tre nuclei, che hanno il nome di Todo, Saito e Jokawa, che tutti insieme formano l’Enryaku, il Tempio della Grande Saggezza. Non riesco ad immaginarmi come potesse apparire una città monastica che era grande dieci volte tanto l’attuale, quando tra gli alberi spuntavano tetti e pagode che emanavano fumi di incenso, ovunque risuonavano gong e campane, salmodie ripetute e bellicose urla di monaci in esercitazione per le pratiche marziali. Quanto rimane però è comunque affascinante e vivo, con i grandi sentieri lastricati che si snodano tra gli alberi e le ripide scalinate che coprono i dislivelli tra un padiglione e l’altro. La pianta assiale, tipica dei monasteri cinesi, che si cercava di rispettare anche negli eremi di montagna, è qui completamente stravolta e gli edifici paiono occupare posizioni apparentemente casuali, anche se sono certo che, dietro ogni fondazione, ci siano ponderate considerazioni geomantiche. …..

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Il padiglione Daiko-do che accoglie i pellegrini sul Monte Hiei. / Daiko-do hall the first building pilgrim meet visiting Mount Hiei. ph. Maria Lecis

…… Una ripida scalinata scende a un ampio piazzale su cui si affaccia il vero cuore del monastero, il tempio del Komponchu-do, uno luoghi più mistici e affascinanti che si possano trovare in Giappone. Lasciate le scarpe all’esterno, mi ritrovo in un chiostro, interamente ricoperto di calligrafie che deduco essere ex voto, dove si affaccia la facciata del tempio e dove compaiono di nuovo i festoni multicolori caratteristici dell’Enryaku. Per la porta laterale di sinistra penetro in uno spazio buio e profumato. Quello che mi colpisce subito è l’assenza di statue. Ci sono tre aperture sul lato opposto, oltre una navata, dove un monaco racconta a un pubblico vasto e paziente la storia dell’Enryaku, il principale centro della scuola buddista Tendai, tra le più antiche in Giappone. Tendai non è altro che la pronuncia giapponese del termine cinese di Tiantai, la Terrazza Celeste, un importante monte sacro che si trova nel sud della Cina da cui deriva la sua dottrina. Un anziano giapponese mi si avvicina sorridendo e, in un buon inglese, mi chiede cosa io sappia del luogo in cui ci troviamo. Gli rispondo con il poco che ho imparato sulle origini del monte Hiei e sulla sua tormentata storia ma colgo l’occasione per chiedergli come mai non ci siano statue del Buddha in vista. A quella domanda il mio interlocutore si illumina.

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City Pilgrim nel “chiostro” del padiglione Kompomchu-do ricoperto da preziose calligrafie/ The City Pilgrim in the Kompomchu-do “cloister” .  ph. Maria Lecis

“Vieni – mi dice – avviciniamoci all’apertura centrale e preparati a vedere qualcosa di unico.” Ormai la maggior parte dei presenti al sermone sta defluendo verso l’uscita, sul lato opposto della sala, per cui posso accostarmi a una delle aperture con relativa tranquillità. Qui, emergendo dalla penombra, un grande Buddha mi fissa direttamente negli occhi. Solo allora mi rendo conto di trovarmi su una specie di balconata che si affaccia su un grande spazio dove alcune lampade, disposte in modo sapiente, creano suggestivi effetti di luce. Sotto di noi si vedono i cuscini dove i monaci eseguono le loro preghiere. “Saicho era davvero democratico – sussurra il mio accompagnatore – e non voleva che i devoti si rivolgessero al Buddha guardandolo dal basso in alto! Voleva che i loro occhi fossero allineati con i suoi in una comunicazione continua ed eterna. Anche le tre lampade che ardono davanti a questa immagine sono mantenute accese da 1200 anni. Un monaco si occupa di loro in continuazione controllando che non manchi mai l’olio.” Resto ancora in silenzio a contemplare questo strano spazio, dove tutti sussurrano e dove l’incenso crea piccole nuvole che, essendo noi più alti del livello del suolo, appaiono più dense e aromatiche. Il tempio mi pare davvero un luogo magico, anche se magico non è il termine più adatto per definire la scuola Tendai, che fu fin dall’inizio severa ed eclettica, basata sul concetto di “rivelazione progressiva” secondo cui il Buddha avrebbe continuato a insegnare la sua dottrina, incomprensibile per le capacità umane, dandone sempre più sottili e comprensibili analisi nel corso di successive vite terrene. Secondo i maestri del Tendai c’era quindi una “sola, vera dottrina” che si esprimeva attraverso molte scuole che avevano lo scopo di presentare da diverse angolazioni la stessa verità. Al culmine di questa rivelazione c’era l’Hokke-kyo, il Sutra del Loto della Buona Legge, destinato a diventare un testo base per il buddismo successivo e in particolare per la Scuola di Nichiren che ne ha fatto il vero cardine della propria dottrina….

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Meditando sul viale di lanterne che collega Todo e Saito/Meditation on the lantern alley connecting Todo and Saito. ph. Maria Lecis

. …. Il tempo è passato in fretta e già il sole ha iniziato a scendere, nascondendosi dietro la montagna. Mi avvio quindi lentamente verso la stazione degli autobus, ripercorrendo la valle delle lanterne e avvicinandomi nuovamente al To-do, che si fa annunciare da sempre più rari colpi di campana. La giornata sta finendo e tra poco i pellegrini torneranno a Kyoto lasciando il monte Hiei ai suoi millenari silenzi.

Monte Hiei, 4220 Honmachi, Sakamoto, Otsu, Shiga:
Orari d’apertura: 8.30-16.30; ¥ 550
Il modo più facile ed economico per raggiungere il monte Hiei è di prendere il bus alla pensilina C6 (800 yen) alla stazione di Kyoto. Più costosa la combinazione treno (linea ferroviaria Keihan, fino al capolinea di Demachiyanagi, poi linea Eizan Dentetsu, con treno diretto a Yase-Heizanguchi), funicolare e funivia fino alla cima (848 m slm).
Sito: www.heizan.or.jp

lo spirito di Kyoto

GLI ALTRI CAPITOLI DEL LIBRO GIA’  RACCONTATI IN ESTRATTO NEL BLOG SONO:

il Tempio zen di Nanzem: Immaginarsi una tigre.
Il Tempio di Sanjusangendo:  Il tunnel dei mille Buddha
Il santuario Heian: la nascita di una capitale.
Il santuario di Kifune: Giappone: lo Spirito delle Acque di Kifune
Una top five dei templi: I 5 migliori santuari scintoisti a Kyoto. (The 5 Best Shinto Shrines in Kyoto).

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