Conosciuta per anni come Saigon, Ho Chi Minh City è una città dalle mille facce. C’è la Saigon coloniale, dagli eleganti edifici pubblici di ispirazione francese, la Ho Chi Minh City moderna, che sta assumendo le forme e i ritmi di vita tipici di una metropoli asiatica e la caotica e la colorata “città cinese” di Cholon dove, in pochi centinaia di metri si susseguono numerosi templi ricchi di decorazioni elaborate, fumi di incenso e devozione popolare. Eccovi una piccola galleria di immagini rubate in una passeggiata nel cuore di questo esuberante quartiere.

L’ingresso della pagoda Quan Am. In Vietnam con questo termine si indica un tempio buddista o taoista, o più facilmente uno che comprenda sia l’una che l’altra tradizione. Nel quartiere cinese di Saigon (viene sempre difficile chiamarla Ho Chi Minh City per chi, come me, ha vissuto il Vietnam come un luogo di epica e di tragedia) le pagode si susseguono, spesso incastonate tra palazzi tutt’altro che graziosi. Per chi ha visitato Hong Kong o le città della Cina Meridionale quesa situazione avrà un che di familiare, anche perché le divinità che qui vengono venerate hanno i nomi o le sembianze tipiche della cultura cinese meridionale. Se questo tempio avesse invece avuto influenze settentrionali si sarebbe chiamato Guanyin Si, perché questo è il nome con cui in Cina è identificato il bodhisattva Avalokitesvara, simbolo di compassione assoluta a cui questo tempio è dedicato.

I nomi possono essere diversi ma la pratica e i suoi strumenti sono assai simili: bastoncini di incenso, che si accendono a grappolo si offrono all’altare ponendoseli davanti alla fronte, come sta facendo l’uomo in secondo piano, poi inchinandosi tre volte e infine depositandoli nei grandi bracieri sparsi per il tempio.

Il buddismo Mahayana, a cui si rifà la tradizione cinese, è ricco di racconti e leggende e spesso nei templi cinesi si trovano ricostruzioni di luoghi mitici o famosi: in questo piccolo stagno viene riprodotto il Putuoshan, l’isola sacra a Guanyin, uno dei quattro monti sacri buddisti che si trova al largo delle coste di Shanghai.

Una parete di leggeri fogli che recano auspici e che si sollevano frusciando a un soffio di vento. Ci appaiono poetici e misteriosi. In realtà per chi sapesse leggere il cinese le scritte apparirebbero prosaiche e molto concrete: donazioni, propositi immediati, richiesta di favori precisi. La proverbiale concretezza cinese. Si può anche rimanere storditi dal profumo dell’incenso e dalla quantità dei decori che compaiono ovunque. A Saigon però, visto il clima, i templi hanno sempre delle pareti libere si affacciano su piccoli cortili e facilitano il movimento di aria.

In questi cortili si trovano spesso piccole vasche o fontane dove vivono pesci e dove sono riprodotte scene mitologiche, piccoli presepi esotici.

Quando parlavo di eccesso di decorazione non esageravo di certo: alzate gli occhi e troverete ovunque immagini, composizioni, fregi, miriadi di figure, come queste che si trovano in un’altra importante e bellissima pagoda del quartiere. la Phuoc Han Hoi Quan.

All’interno, le pagode sono strutturate in modo piuttosto simile alle chiese cristiane, con altari allineati sulla parete di fondo, circondati da fastose decorazioni, a cui si arriva percorrendo navate di colonne istoriate. Nel labirinto sovrabbondante di simboli, oggetti, offerte (che spesso sono cibi reali) l’occhio non sa dove guardare. Ne nascono disorientamento e confusione sensoriale, per i più minimalisti e sensibili persino un certo disgusto ( ma come, si domandano, questi sono buddisti come i seguaci dello zen?) ma il mondo di Cholon, quello che si trova fuori, dal tempio, fatto di giocatori di dama cinese che occupano i marciapiedi insieme ad estemporanei luoghi di ristoro, è assolutamente coerente con questa immagine colorata e caotica.

Poco lontano di qui uno strepitoso e altrettanto caotico e claustrofobico mercato. Cholon, luogo sinistro, covo di avventurieri in epoca coloniale, è una vera e propria città nella città, in cui la sensuale religiosità cinese si esprime in modo vivace e sorprendente.