Danang: un nome che per la mia generazione significa telegiornali in bianco e nero, notizie di guerre e bombardamenti. A più di quarant’anni dalla fine del conflitto questa città, che si trova proprio al centro del territorio del Vietnam è tornata a essere un luogo molto sereno, in una incantevole posizione naturale, dove grandi alberghi e spiagge sono il segnale di una forte crescita turistica. A Danang si trova però anche una delle più segrete e sorprendenti destinazioni spirituali del Paese: il complesso di santuari sulle Montagne di Marmo.
Le esposizioni di sculture in marmo, che inevitabilmente attirano il visitatore mostrandogli manufatti di dimensioni e forme diverse, circondano i cinque curiosi picchi che si alzano come denti nella pianura attorno a Danang. Cerco disperatamente di sfuggire a profferte più o meno gentili di visita e acquisti, getto un occhio stupito su Buddha, Bodhisattva e Madonne di ogni dimensione che, viaggiando per il Vietnam e guardando verso l’alto, non sarà difficile scoprire sui terrazzi delle case. C’è una produzione intensa di oggetti e statue che però, evidentemente non può provenire tutta da questi speroni di roccia che sarebbero altrimenti ormai ridotti a poca cosa! Ma i cinque picchi che portano i nomi elementali di Thuy Son (Acqua), Moc Son (Legno), Hoa Son (Legno), Kim Son (Metallo) e Tho Son (Terra) possono essere davvero pieni di sorprese… Sono le Montagne di Marmo (Ngu Hanh Son) e consiglio a chiunque si rechi in Vietnam di dedicare loro del tempo nel suo itinerario.

Nuvole scure incombevano all’orizzonte e un temporale violento minacciava Danang. Mi affrettai dunque verso quelle strane rocce curioso di scoprirne i segreti. Poco prima di partire un amico che conosce il Vietnam in ogni suo angolo mi aveva raccomandato questa visita, certo che avrebbe incontrato il mio favore ma astenendosi dal darmi ogni genere di notizia su quanto vi avrei trovato accrescendo così la mia curiosità.
Sarò più generoso e vi racconterò quel luogo come io l’ho vissuto, purtroppo per un tempo troppo breve.
Mi affrettai dunque a raggiungere l’ingresso del complesso, sulla Thuy Son a cui si poteva accedere anche con un ascensore che superava in modo rapido il dislivello tra la strada e il primo tempio. Il contesto era fortemente cinese ed ebbi l’impressione di entrare in uno dei numerosissimi, meravigliosi “Sacri Monti” che punteggiano quella terra.
Un gruppo di fedeli, inginocchiato dentro un padiglione, intonava litanie buddiste mentre enormi statue in marmo erano disposte in piccoli anfratti tra le rocce.

Una perfetta organizzazione degli spazi indicava con cartelli i vari percorsi all’interno di quel curioso sistema di picchi, gole, piccole valli, grotte che mi si svelava davanti. Purtroppo il temporale esplose e la superficie scivolosa degli scalini che congiungevano le varie parti del complesso mi indusse a trovare rifugio in una grotta. Pensavo di entrare in un ambiente piccolo e umido, come quello appena visitato in una grotta sottostante, invece mi ritrovai in una grande cavità dove, da una breccia nel soffitto, una raggio di luce attraversava lo spazio buio, illuminato solo da qualche lampada in corrispondenza delle statute del Buddha che occupavano le posizioni migliori.

Oltre alla luce però, in quel pomeriggio di tuoni, dalla breccia passava anche la pioggia e il raggio si faceva denso di gocce, apparendo come una colonna vitale che penetrava nel buio del mondo. Immerso in queste riflessioni simboliche, restai a lungo ad ammirare questo spettacolo di silenzio, perché nessun altro oltre a me vi era entrato. Fuori c’erano tuoni e nubi nere, dentro solo un silenzio luminoso. Non credo che l’amico che mi aveva consigliato questa visita avesse immaginato tanto!

Poi, appena il temporale si fu placato, uscii di nuovo per scoprire che in uno spazio apparentemente ridotto, si nascondevano templi, padiglioni ed eremi. Ancora una volta il gioco dell’illusioni, tipico della cultura orientale, aveva distorto la realtà, ancora una volta gli spazi reali contraddicevano gli spazi apparenti, ancora una volta mi trovavo in balia del disorientamento che avevo già provato in molti giardini cinesi.
I templi, se visti da un punto di vista storico e artistico (ma su questo punto ho espresso la mia opinione in altri post), non erano nulla di speciale, colorati e ricchi di decorazioni come vuole lo stile vietnamita, derivato da quello della Cina Meridionale, ma spostarsi dall’uno all’altro, affacciandosi spesso e senza alcun avvertimento sulla pianura di Danang che riluceva del verde intenso che segue il temporale, era un’esperienza piacevole che purtroppo, a causa del lungo tempo passato nella grotta, non potei prolungare quanto avrei voluto.
Lasciai a malincuore le Montagne di Marmo e i suoi picchi costellati di grotte e padiglioni, ripromettendomi di tornarci e dedicare loro tutto il tempo necessario.
Mi avviai dunque verso la pianura incontrando rospi giganteschi, giovani monaci che risalivano la collina carichi di borse da supermercato, fedeli coperti da teli impermeabili che si avviavano camminando in modo assai prudente sui gradini in pietra resi insidiosi dalla pioggia. Lontano una campana iniziò a suonare, da un tempio nascosto tra le foglie arrivò una fragranza di incenso.. poche volte come in quel tardo pomeriggio, rimpiansi di avere un programma di viaggio e di non poter godere del tempo così come si presenta a noi e non in un modo turisticamente organizzato ed efficiente. Era un rimpianto e una promessa… era uno spiraglio per un cambiamento di rotta che si stava facendo strada nella mia mente e nel mio cuore.
Chi fosse interessato agli altri miei post dedicati al Vietnam può leggere anche i link resoconto della visita al “Vaticano del Caodai“, della Pagoda di Chua Bai Dinh, dei templi di Hanoi, dell’esperienza della Porta Rossa…
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Danang: this name suggests breaking news, black & white war reports, and bombing to my generation. More than forty years after the end of the conflict, this city, right in the middle of Vietnam is now a very peaceful place, in an enchanting natural location, where large hotels, beaches, and malls speak about tourism. Danang hides one of the country’s most secret and surprising spiritual destinations as well: the temples in the Marble Mountains!
The exhibitions of marble sculptures, attracting visitors by showing them artifacts of different sizes and shapes, surround the five curious peaks that rise like teeth in the plain around Danang. I desperately try to escape from the shop owners offering visits and purchases. I just cast an astonished eye on Buddhas, Bodhisattvas, and Madonnas of all sizes that, when you travel through Vietnam, discover rising on the terraces of the houses. Such an intense production of objects and statues means that marble, however, should come from some other marble quarry! Otherwise, these spurs of rock would be reduced to a very little thing! However, the five peaks named Thuy Son (Water), Moc Son (Wood), Hoa Son (Wood), Kim Son (Metal), and Tho Son (Earth) are full of surprises… Welcome to the Marble Mountains (Ngu Hanh Son) a site I warmly recommend to anyone who visits Vietnam.
Dark clouds run over the horizon and a violent thunderstorm threatens Danang. So I hurry, eager to visit those strange rocks and discover their secrets.
Shortly before starting from home a friend, a real Vietnam lover, had recommended me this visit: I’m sure you’ll appreciate them, he said, but refrained from giving me any kind of information about what I would find there.
I reach the entrance of the complex, at the Thuy Son. The context is strongly Chinese and I have the impression of entering into one of the many, wonderful “Sacred Mountains” of China.
A group of devotees, kneeling inside a pavilion, sing Buddhist litanies while huge marble statues stand in small recesses between the rocks.
A perfect organization of the spaces indicates with signs the various routes within that curious system of peaks, gorges, small valleys, and caves. Unfortunately, the storm explodes and the slippery surface of the steps that join the various parts of the complex leads me to find refuge in a cave. Isn’t small and humid like the one I visited below: I’m now in a huge cavity where, from a breach in the ceiling, a ray of light crosses the dark, only a few lamps in correspondence with the Buddha’s statutes brightening.
In that afternoon of thunder, the rain also passes through the breach and the ray is now dense with drops, appearing as a vital column that penetrates the darkness of the world. Lost in symbolic reflections, I stay for a long time to admire this spectacle of silence. Outside just thunder and black clouds; inside a peaceful, luminous silence.
As soon as the storm stops I get out fro the dark, discovering hidden temples, pavilions, and hermitages. Once again the game of illusions of the oriental culture modifies reality, once again the real space fights with the apparent one, once again I’m at the mercy of that kind of disorientation I had already felt in Chinese gardens.
The temples, from a historical and artistic point of view, are rather conventional: colorful and rich in decorations in pure Vietnamese style, and moving from one to another, overlooking the plain of Danang that shine with the intense green following the storm, is a pleasant experience that unfortunately, I can not prolong as I want.
I’ve to leave the Marble Mountains and their peaks dotted with caves and pavilions, promising to come back and dedicate them the necessary time.
I walk down to the road meeting gigantic toads, young monks who climb the hill full of bags, local pilgrims covered with waterproof shawls walking very cautiously on the steps made insidious by rain. A bell begins to ring; from a temple, hidden among the leaves, suddenly comes an incense’s fragrance… In this late afternoon, I regret having a travel program and I feel the desire to escape from a touristically organized and efficient schedule. It’s regret and a promise…it is a glimmer of a change searching for its way into my mind and heart.
Who’s interested in my other posts dedicated to Vietnam can also read the account of the visit to the “Vatican of the Caodai“, the Pagoda of Chua Bai Dinh, the temples of Hanoi, the experience of the Red Door…
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