Taj Mahal: scoprirlo a ritmo lento/Discover it slowly

Eccomi qui, seduto sui gradini di uno dei luoghi più visitati al mondo, mentre leggo, guardo la gente che passa, ascolto il suono delle voci, mi abbandono al piacere che viene dall’osservare un edificio, e che edificio!, che cambia se osservato da punti di vista diversi. Quante volte ho vissuto questa esperienza che è fondamentale per il mio concetto di vivere la spiritualità dei luoghi! Sì, si può essere City Pilgrim anche nel trambusto del Taj Mahal. Basta avere tempo, basta “prendersi” il tempo, basta pensare che anche questo è un luogo di spirito e non solo un highlight del turismo di massa.

Stare seduto, osservare, capire, annusare, ascoltare: queste esperienze sensoriali sono per me imprescindibili quando approccio un luogo sacro, di qualsiasi tradizione esso sia. Prima ancora di capire chi siano quelle figure, quando ci sono delle figure, che cosa rappresentino quei simboli (i simboli invece ci sono sempre), prima di esplorarne la storia, l’arte, l’architettura, mi piace “guardarlo vivere”. E guardarlo vivere significa aver tempo. Non mi piace visitare i luoghi, anche quelli non sacri, con l’ansia di dover raggiungere un’altra meta prima che sia troppo tardi. Quando sei un luogo, le cose più belle avvengono spesso in modo casuale e inaspettato ed essere liberi di potersi abbandonare all’inaspettato vale, a mio avviso, assai di più che aver visto e conosciuto ogni cosa. Per questo preferisco fermarmi nelle città qualche giorno di più, affittarvi persino un appartamento se il soggiorno è di almeno una settimana, riservarmi la possibilità di tornare in un posto che mi è piaciuto in diverse ore del giorno, risentire i suoni di una cerimonia, guardare di nuovo il muoversi delle ombre su un pavimento antico. Sono queste le cose ho che mi tornano in mente quando, seduto davanti a un computer, rivedo i miei viaggi.

taj mahal
Mentre lo guardavo e lo riguardavo, incorniciato da un arco in penombra, d’improvviso anche il più celebre mausoleo del mondo mi apparve sotto occhi diversi.         Ph. Maria Lecis

Ripenso oggi a un luogo famoso, dove tutti forse vorrebbero andare e dove molti, forse, sono già stati. Il Taj Mahal, per me è un luogo dello Spirito, malgrado solitamente non venga percepito come tale. Ma questa percezione nasce forse dal tempo che gli viene dedicato e dal modo in cui viene visitato, magari trascinati da una guida che vi snocciola date, aneddoti più o meno reali, nomi e caratteristiche prima di condurvi e ripetervi la stessa lezione a Jaipur o a Fathepur Sikri. Del giorno in cui andai al Taj Mahal non ricordo tanto l’impressione, anche un po’ deludente, che mi fece quando me lo trovai davanti la prima volta (succede quando i posti sono cos’ tanto famosi da essere ormai entrati nell’immaginario collettivo), quanto il tempo passato seduto all’ombra di una delle due moschee che lo fiancheggiano a osservare le persone, a sentire il luogo. Mentre lo guardavo e lo riguardavo, incorniciato da un arco in penombra, d’improvviso anche il più celebre mausoleo del mondo mi apparve sotto occhi diversi. d’improvviso non fu solo una splendida architettura bianca, perfetta, un segno universale d’amore (e quindi un luogo spirituale), ma si rivelò come un luogo vivo, in cui la perfezione delle forme andava svelandosi in rapporto allo spazio in cui era inserito. Le due moschee laterali, che sono parte integrante del progetto perché in tutta la meravigliosa arte funeraria dei Moghul, di cui il Taj Mahal è solo l’esempio più celebre, il sepolcro era da intendersi come luogo sacro in cui si svolgevano anche preghiere, erano come spesso accade semi deserte. Là c’erano ombra e silenzio; oltre l’arco, luce, suoni, e, come una visione nella luce sporca di un umido giorno d’estate, la sagoma del mausoleo, Giudicavo la mia posizione come privilegiata perché mi permetteva di osservare e assimilare il fluire del tempo in uno dei luoghi più visitati del mondo senza però esserne travolto e fagocitato. Il meraviglioso dono che Shah Jahan concepì per l’amata Mumtaz fu per un attimo anche mio. Avevo avuto pazienza, mi ero preso del tempo, ero stato premiato.

Eccomi qui, seduto sui gradini di uno dei luoghi più visitati al mondo, mentre leggo, guardo la gente che passa, ascolto il suono delle voci, mi abbandono al piacere che viene dall’osservare un edificio, e che edificio!, che cambia se osservato da punti di vista diversi.

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Eccomi qui, seduto sui gradini di uno dei luoghi più visitati al mondo, mentre leggo, guardo la gente che passa, ascolto il suono delle voci….           Ph Maria Lecis

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