Chiunque sia “malato” di India, oppure si senta attratto da questa terra colma di misticismo e spiritualità, non dovrebbe perdersi queste nove storie, narrate con la solita leggera profondità da uno dei più importanti scrittori contemporanei che proprio in India ha scelto di vivere. Un viaggio oltre gli stereotipi del colore, dei sorrisi, della meditazione “pulita”, una sintesi mirabile tra gioia, fato e morte.
Il mio innamoramento per le storie di William Dalrymple, autore scozzese ma residente ora in India, nasce da un libro, uno dei più emozionanti racconti di viaggio che abbia mai letto, che raccontava il suo percorso di ricerca dal Monte Athos al Sinai, seguendo l’autore di un testo medievale: Dalla Montagna Sacra si chiamava e da allora ho sempre seguito i suoi racconti e le sue particolari letture del mondo. Una recente lettura, che consiglio a tutti coloro che sono “malati” di India, è Nove Vite, edito da Adelphi, in cui, attraverso l’incontro con altrettanti personaggi scelti tra le varie scuole spirituali che convivono nel subcontinente indiano, Dalrymple traccia un quadro tutt’altro che sereno ed edificante della vita religiosa indiana. Anche se il titolo parla di “vite” i nove racconti sono in realtà pervasi da un senso di morte e di ineluttabilità. Niente di gioioso, di facile, di edificante “peace and love”, non ci sono ashram lindi, pillole di saggezza o “maestri” spirituali. Solo storie aspre di vocazioni, sofferenze, morti, accettate e vissute però con una consapevole gioia, un altro tratto distintivo del racconto. La monaca jaina, la prostituta sacra, il bardo, il danzatore, l’asceta del crematorio, la sufi… ci sono un po’ tutte le religioni dell’India in queste storie raccontate con la meravigliosa leggerezza narrativa di Dalrymple ma c’è anche, o almeno a me pare di averlo notato, come un insondabile velo che separa il pur colto e ormai integrato autore dai protagonisti delle sue storie. Quel velo esiste e non ce lo dobbiamo mai dimenticare quando andiamo in India e pensiamo che bastino il colore, il suono, i sorrisi, per metterci in sintonia con il Paese. Come fa capire l’autore o, tanto per citare un altro best seller scritto da un occidentale che vive in India, come raccontava Roberts, l’autore di Shantaram, solo condividerne la sofferenza potrà avvicinarci al loro cuore. E questo non è per nulla facile.