La Pecherska Lavra, il Monastero delle Grotte di Kiev, è uno dei più importanti luoghi di fede e di arte della chiesa ortodossa. Domina dall’alto di una collina il corso del Dneper e nelle sue grotte si trovano chiese, oratori ma, soprattutto, oscure catacombe… abitate.

In un gelido mattino invernale la Pecherska Lavra mi si rivelò in tutto il suo splendore. Oro nella neve, bagliori, riflessi, colori, segreti. Avevo lasciato per ultima la visita di questo antico monastero che conoscevo come un luogo di grande importanza, non solo per la storia della capitale ucraina ma per la storia stessa della Chiesa Orientale. Kiev era stata la porta attraverso cui la spiritualità bizantina era penetrata in quell’immenso territorio, al tempo (XI secolo) ancora pagano, che noi oggi chiamiamo Russia. Qui alcuni monaci iniziarono a vivere in grotte scavate sui fianchi della collina; qui si iniziò poi un primo sistema comunitario secondo lo schema della “laura” o lavra, sviluppatasi in Palestina, che prevedeva singoli insediamenti eremitici uniti però dal vincolo della preghiera in un luogo comune. Si innalzarono così capanne e poi chiese sempre più grandi fino ad arrivare agli splendori dorati delle cattedrali che oggi ne caratterizzano il profilo. La Lavra era grande, quasi disorientante, nel silenzio di quella mattina, e scendeva dolcemente verso il fiume giustapponendo piccoli nuclei con al centro una chiesa. Ce n’erano tante di chiese, ciascuna con la sua cupola, le sue iconostasi, le sue donne che accedevano candele. Era un piccolo paradiso di spiritualità orientale.

Ma era scendendo giù per il pendio che portava alle sponde dell’immenso e parzialmente ghiacciato Dneper che si arrivava al luogo più emozionante di tutto il complesso. Se fino ad allora la Lavra era stata un bellissimo ma convenzionale complesso ortodosso all’improvviso si rivelò come un buio luogo di mistero e di devozione. Un cunicolo si addentrava nella roccia nell’oscurità più assoluta, tanto che all’ingresso mi venne data una candela di cera grezza, simile a quelle che si pongono dinnanzi alle icone, per poter far luce. Avanzando nel buio, seguendo un percorso segnalato, poiché deviare dai percorsi principali poteva essere molto pericoloso, iniziai a ritrovarmi in piccole cappelle dove, in nicchie, giacevano mummie di venerabili monaci dalle lunghe barbe, vestiti dei loro paramenti sacri come si si fossero da poco sdraiati in quelle alcove per un riposo che non pareva eterno. Leggende raccontano che quei cunicoli, quelle gallerie possano arrivare fino a Mosca o addirittura a Novgorod che fu il secondo luogo di espansione della Rus Medievale. Il fuoco della mia candela tremava, scosso da misteriosi venti che arrivavano, chissà, dalla remota Novogord, al confine occidentale della Russia, o più probabilmente dal cuore segreto di quello sperone di roccia su cui, quasi fosse un simbolo di unità e di potenza, era stata costruita la cittadella monastica. Le celle degli uomini santi apparivano quindi come tante piccole chiese, dove le candele deposte dai pellegrini creavano aloni di luce e svelavano immagini antiche. Il percorso era come una metafora: nel buio sprazzi di luce, ricordi di vite esemplari, bivi, scelte verso il pericolo e l’incognito o verso la certezza. Ripercorrendo queste gallerie il credente poteva rivivere la storia della propria fede, il cercatore sforzarsi di trovare un significato nei simboli, lo scettico limitarsi alla gioia emotiva della sorpresa e al confronto con il mistero di vite antiche fisicamente a lui rivelate.

Fuori splendeva ancora il sole e nelle strade che salivano verso la parte alta della collina si vedevano ancora pochi pellegrini o turisti sbirciare tra le bancarelle che offrivano miele, icone, libri. C’erano pochi turisti tenendo conto che gran parte del complesso fu trasformato dai comunisti in museo nel 1928 e ancor oggi numerosi edifici ospitano collezioni eterogenee coabitando con la sede del patriarcato e con il seminario. La maggioranza dei presenti era lì per fede. Le cupole della Cattedrale dell’Ascensione brillavano, stagliandosi nel cielo a contrasto con il biancore delle pareti. Durante la guerra i tedeschi fecero saltare in aria la Cattedrale, anche se le ragioni dell’esplosione sono controverse, e la splendida chiesa rimase un rudere fino all’indipendenza ucraina poiché i comunisti non si presero cura di ricostruirla. Divenuta Patrimonio Universale Unesco la Lavra venne finalmente sottoposto a restauri dal 1995 al 2000 ritornando così allo splendore antico. Un monaco sfilò accanto a me, scendendo il pendio, visione nera e barbuta che poco si discostava dalle figure distesa nel buio. Suonò una campana, volarono degli uccelli, un cane randagio apparve seguendo una sua pista. Poi fu tempo di partire, come sempre troppo presto, portando negli occhi neve e oro.

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