Altare del Sole a Beijing: vero o falso; vecchio o nuovo? (Sun Altar in Beijing: fake vs original, old vs new)

La visita al Ritan, l’antico altare del Sole di Pechino, mi spinge ad alcune riflessioni su come Cinesi e Occidentali vedano in modo totalmente diverso alcuni  aspetti della vita.

Fino ai primi anni del Novecento a Pechino si celebravano ancora dei riti propiziatori riservati agli elementi primordiali. L’Imperatore in persona si recava nei cinque grandi altari, posti nei cinque punti cardinali (il Centro è uno di loro), per sacrificare a Cielo, Terra, Sole, Luna, Grano. Erano riti antichi e solenni, scanditi da musiche, al cui successo erano legati i buoni o i cattivi eventi sociali e politici dell’anno. Nel profondo relativismo tipico dei cinesi, queste cerimonie si accompagnavano ai riti confuciani, a essi simili, alle pratiche taoiste e a quelle buddiste. Oggi i cinque altari, che sorgono al centro di cinque parchi, hanno perso ogni valore religioso, essendo terminata, con la caduta dell’impero, la funzione mediatrice del Figlio del Cielo. Tuttavia vi è rimasta una certa spiritualità che potrei definire minima, legata al movimento. In ogni angolo del parco Ritan, dedicato un tempo  al culto del Sole, giovani e anziani di ritirano in se stessi per dedicarsi a pratiche di meditazione in movimento, alla danza, alla ginnastica, a giochi di destrezza. Il grande altare, circondato da un muro circolare (il tondo per i cinesi è il simbolo del cielo, il quadrato quello della terra), è ancora lì, perfettamente conservato e si anima solo una volta all’anno per la rievocazione, con tanto di musiche e costumi, dei riti perduti.

Sun altar Beijing
Entrance Arch, Ritan, Sun Altar, Beijing, ph. Maria Lecis

Mentre passeggiavo nel parco, sono stato fermato da una giornalista della televisione cubana che mi ha chiesto quale fosse il mio pensiero riguardo al rapporto dei cinesi con la propria storia. Non essendo qualificato per dare risposte profonde, mi sono limitato a commentare quanto vedevo attorno a me. Un luogo che aveva perduto la sua funzione storica è stato rivitalizzato, ricostruendone le parti distrutte durante i primi anni del Novecento e costruendogli attorno un parco ricco di presenze simboliche (un lago, padiglioni, punti panoramici). Tutto è clamorosamente falso, tutto è fondamentalmente nuovo, tranne alcuni padiglioni “di servizio” e parte dell’altare vero e proprio; eppure, guardando come questo posto sia oggi vivo, percepito, goduto dalla gente di Pechino, non posso fare a meno di pensare come invece da noi, per un conservatorismo un po’ parruccone e fortemente snob, si finisca per tacciare di kitsch ogni operazione come questa, lasciando che il fossato tra tradizione, storia e realtà si allarghi sempre di più, in nome di un malinteso senso di rispetto dell’originale. Credo di essere perfettamente d’accordo con chi pensa che il valore dell’Originale, nell’arte e nell’architettura, non dovrebbe essere quello di restare cristallizzato nel suo tempo e nel suo spazio ma di dare forza e continuità alla sua idea primaria attraverso anche la sua propagazione nella vita e nel tempo di copie di qualità. Quando si dice “falso” nel mondo occidentale si entra subito nel territorio del negativo, quando non dell’illecito; quando lo si dice in Oriente si è invece spesso nel territorio del tributo spirituale (e anche commerciale naturalmente) alla grandezza di un archetipo. Noi inorridiremmo a ricostruire parte del mondo romano accanto a delle rovine originali. Inorridiremmo, perdendo nel frattempo  la memoria dei luoghi e delle cose, ma lo faremmo convinti di essere sempre puri.

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Ritan Park, Beijing
Pavillon on the Lake at Ritan Park, Beijing. Ph Maria Lecis

Visiting the Sun Altar Park (Ritan) in Beijing, I guess if rebuilding historical relics is a good thing and if “Fake” is always a negative concept.

Since Ming Dynasty, Beijing had five huge altars where, once in a year, the Emperor used to have sacrifices to Sun, Earth, Heaven, Moon, Grains. The Sacrifices were ritual and iconic, nothing spiritual at all, but the good and the evil in the Empire’s daily life were strictly connected to the correct performance of those liturgical acts. Ending the Empire, at the beginning of the XX Century, the Ritan was no more than a ruin for years, until it was reopened as a public park in the Eighties. Now is a living, clean park, where old & young Beijing folks, challenge themselves with moving meditation, gyms exercises, dance, agility games. The altar itself, perfectly round (round is Heaven’s shape, square it’s the Earth’s one) is normally closed to the visits and opens its doors once in a year, for a spectacular play of the old rites.

Walking in the Ritan park I met a journalist from Cuba Television that asked my opinion about old and new in China’s daily life. I just answered inviting Her to look at what was happening around me: a historical place, totally rebuilt, where scenic spots like rocks, pounds, pavilions are displayed in a classical way, although totally news,  full of apparently happy people. Beijing citizens love it, enjoy it, make it alive. How is that different from the Western Theories about the purity of the archeological space and the untouchability of the ruins! For Europeans “fake”, is always a negative concept for the Chinese is normally a tribute to a great creation moment, to something so spectacular and unique that worths being remade more and more times. That’s why Eastern hardly understand the Western war against Fake and their demonization. Sometimes, like in Beijing’s Ritan Park, could happen that, thanks to the “fake”, the spirit of the place and its buildings can alive again,  linking history and present.

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