Tiruvannamalai, India: modi diversi di meditare (Different meditation attitudes)

Seduti nell’ombra dell’ashram del venerabile Ramana Maharashi osserviamo i comportamenti diversi di pellegrini indiani e visitatori occidentali.

Tiruvannamalai è una città sacra del Tamil Nadu. La domina un cono vulcanico, il sacro monte Arunachala, attorno al quale ruota, non solo in senso figurato, un’intensa vita spirituale. L’elemento dominante è qui il fuoco venerato in particolare nell’enorme tempio dedicato a Shiva, che accoglie con i suoi impressionanti gopuram i pellegrini che vengono qui da tutta l’India. Un percorso sacro segue le pendici della montagna, toccando diversi templi minori, piccoli santuari e altri luoghi di spiritualità, tra cui l’ashram del santo Bhagavan Sri Ramana Maharashi, il mistico del XX secolo, che ne fece la sua sede e che anzi indicò proprio Tiruvannamalai come il centro spirituale del mondo. Chiunque abbia una certa familiarità con il mondo indiano sa quanto difficile sia orientarsi nella miriade di luoghi sacri, sparsi ovunque nel Paese, ciascuno dei quali, a modo suo, è particolarmente importante o cruciale. Io non farò discorsi così profondi. Vi voglio solo raccontare una divertente scena di cui sono stato spettatore nel mio breve soggiorno nell’ashram.

Sedevo tranquillo nella sala, un edificio moderno e senza troppa grazia, però fresco, pulito, silenzioso. In un angolo, alcune donne occidentali, rigorosamente vestite con abiti bianchi, erano misticamente comprese in una profonda meditazione. Io le guardavo e un po’ le invidiavo perché a me invece interessava piuttosto guardarmi attorno e verificare che una delle numerose scimmie che gironzolavano per il sito non fosse magari entrata all’interno della sala. Ma non furono le scimmie a entrare bensì un gruppo numeroso di pellegrini indiani, donne e bambini in maggioranza, che inondarono con un turbine multicolore e vociante quello spazio fino ad allora silenzioso. Si sistemarono in cerchio al centro della sala, iniziarono a cercare offerte in sacchetti di carta, si divisero tra quelli che si inchinavano davanti all’immagine del santo, quelli che si sdraiavano a prendere il fresco e quelli, i bambini, che se ne andavano attorno come se si trattasse di un cortile. Non potei fare a meno allora di rivolgere lo sguardo alle donne bianco vestite nell’angolo e mi parve di cogliere, nella loro apparente impassibilità, un lieve sollevamento di palpebra, un leggero disgustato e ammonitore inarcamento delle labbra… Convivevano in quel piccolo spazio l’ideale e il reale. Quello che un occidentale pensa che l’India sia (e in parte veramente lo è), ovvero misticismo, meditazione, contegno e quello che invece l’India è davvero (e questo lo è quasi sempre) ovvero colore, rumore, ingenuità comportamentale, spontaneità. Non potei allora fare a meno di chiedermi quale dei due atteggiamenti, palesemente contrastanti, fosse il più giusto da tenere in quel luogo. Successe che le meditanti occidentali poco dopo se ne andassero e che lo spazio diventasse dominio dei pellegrini indiani, aumentati di numero, che ne fecero l’uso che la tradizione, la storia, la cultura aveva insegnato loro. Ma quale dei due atteggiamenti fosse davvero quello giusto, davvero non saprei dire. Non sono né abbastanza saggio né abbastanza illuminato per poter discernere il senso di questa esperienza. Mi limito a raccontarla, consapevole della sua evidente incompletezza.

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Sri Ramana Maharshi Ashram, Tiruvannamalai
Indian pilgrims at Sri Ramana Maharshi Ashram, Tiruvannamalai.

Sitting in the shadow of Sri Ramana Maharishi Ashram, in Tiruvannamalai, India, I try to understand the different behaviors of locals and western people.

Tiruvannamalai is an important holy city in South India. Arunachala, the hill of fire, rises in a flatland like a monument, venerated for its power, related to the fire element. A circular pilgrimage trail runs around the hill feet and, as you follow it, you can see small temples, little shrines, and holy places as Sri Ramana Maharishi Ashram. For the believers of this XX century internationally known guru, this is the spiritual center of the world. Anyone who has a little familiarity with Indian reality knows how every place in India is a particular place, related to some god, some miracle, some mystical power. I’ve not the knowledge to write about that, I just want to write about a funny sketch I saw during my visit to the Ashram.

Sitting in the twilight of the cool, modern, clean Ashram’s main hall, I was looking at some elegant western followers, all dressed in white, immobile, in mediative attitude, with a bit of envoy for their apparently relaxed mood.  I was more interested in the temple life, at the monkeys outside. Then, a group of local pilgrims come into the meditation hall as the thunder of colors, laughs, chats, curry flavors. Some women start praying, others lie on the floors, the children run, men speak aloud. I was surprised by this noise and I soon looked at the white meditative ladies, searching for some disappointment sign in their faces. One seemed slowly open her eyes, another moved her lips in a little bit disgusting way. One side it was the real India, with its sounds, noises, smells, chaos; on the other side stand ideal India with meditation, silence, meditation again… Now I still guess which was the correct attitude you may have in an ashram: spiritual and silent or spontaneous and free. India teaches her sons both ways, being simple and noisy and very meditative as well. I don’t have an answer, I’m not so wise or enlightened to decide the correct behavior. I just want to write about it, anyone can decide his attitude, here, at home, or in India, that’s not the mystical idealization of our interior world, it’s a dramatic, wonderful, holy land.

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