Kyoto: Sanjusangendo, il tunnel dei mille Buddha/The thousand Buddha tunnel

Ci sono delle esperienze visive che vivono al confine tra lo stupefacente e l’inquietante. Solitamente a provocare questo effetto è l’eccesso. Varcando la porta del lungo e stretto padiglione che costituisce l’unico spazio visibile di questo tempio della scuola Tendai, mi preparo a vivere una di queste esperienze.

Una perfetta organizzazione con corsie per la visita, armadietti per riporre le scarpe e ossessivi richiami al divieto assoluto di riprendere qualsiasi immagine con qualsiasi mezzo, disegno e schizzo compresi: il Sanjusangendo, dopo quindici anni dalla mia prima visita, mi appare come un luogo diverso, più simile a un museo che a un tempio.
Entrato nella sua unica grande sala mi accorgo che nulla è cambiato e rimango di nuovo sconvolto da quella impressionante sfilata di mani, teste, raggi, volti che si prolunga nella penombra. Le mille effigi di Kannon Bosastu, in legno di cipresso dorato, tutte alte cm 166, con  40 braccia e 11 teste, creano un effetto davvero magico, anzi un qualcosa di vagamente alieno. E’ difficile, se non impossibile descrivere con le sole parole cosa sia davvero il Sanjusangendo. Ci proverò partendo dal nome.
Sanjusangendo è  infatti il nome popolare con cui è conosciuto il Rengeo-in, il Palazzo del re del Loto, fondato dall’imperatore Goshirakawa nel 1164. San-jusan significa “33”, e tanti sono gli spazi intercorrenti tra un pilastro e l’altro in questa sala che è considerata la struttura in legno più lunga del mondo con i suoi 120 metri. L’orignario  Palazzo del re del Loto è così diventato “il Palazzo delle 33 campate”!

Al centro della sala, lunga, stretta e buia, c’è la statua principale di Kannon, alta tre metri, con 1000 braccia e, attorno al capo, altre dieci teste, scolpita nel 1254 da Tankei. A destra e sinistra, disposte in file ordinate, 1000 copie, che in realtà copie non sono, essendo tra loro tutte impercettibilmente diverse, precedute da altre 28 statue lignee di Guardiani. Fermandomi accanto al Dio del Tuono, impressionante immagine che apre la carrellata di Guardiani, posso avere una prima impressione della follia progettuale di quanto mi si presenta davanti. Mi chiedo cosa avrà spinto i monaci del Rengeo a riempire questo padiglione in modo tanto ossessivo, anche se solo 124 facevano parte del progetto originario del XII secolo. Le altre 876 vennero aggiunte un secolo più tardi, quando il complesso fu ampliato, scatenando una incredibile corsa all’eccesso. Aggiungere 876 statue non deve essere cosa facile né casuale ma non possiamo capire l’entità di questi numeri senza far ricorso alla numerologia.

Bisogna tener presente che Kannon, “portatore di loto”, può avere 33 forme (da qui il numero delle campate del tempio), e che ognuna delle sue 40 braccia (escluse le due principali che possiede in quanto figura umana) ha la capacità di salvare  25 mondi, per cui è come se ogni statua di mani ne avesse 1000, numero per i buddisti equivalente all’infinito. Le sue 10 teste hanno il potere di guardare in ogni direzione, per scoprire dove davvero sia necessario un compassionevole intervento: gli sguardi sono rivolte ai quattro punti cardinali, alle quattro direzioni collaterali, allo zenith e al nadir, l’undicesima, la centrale, al luogo del risveglio supremo. Nelle mani, unitamente a un rosario e a un vaso di nettare, tiene anche un fiore di loto (da cui l’intitolazione del tempio).

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Questa serie di complicati legami mi fa comprendere che c’è un senso in tutto questo e che non si tratta solo di una totale follia di monaci impazziti. Arrivato davanti alla gigantesca figura centrale di Kannon, scopro che, malgrado l’impressione iniziale di essere entrati in un museo, siamo davvero in un tempio. Monaci Tendai assistono i pellegrini intenzionati a rivolgere intenzioni particolari a Kannon con l’accensione di ceri e incensi. C’è persino un cartello in inglese che riproduce una preghiera da rivolgere a Kannon, a dimostrazione di come i monaci tengano a salvaguardare l’aspetto spirituale di questo luogo. All’estremo opposto della sala, il Dio del Vento rivolge il suo sguardo verso il centro, garantendo, con il suo gemello Dio del Tuono, le piogge indispensabili per il buon esito dei raccolti. C’è un intreccio di devozioni diverse in questo mistico tunnel di Buddha, che lascio quasi con rammarico, avendo risolto a favore dell’autentico stupore il conflitto provocato dall’eccesso. Non esistono al mondo luoghi simili al Sanjusangendo. Onore a Kannon, Signore del Loto.

Essendo assolutamente proibito scattare foto all’interno del tempio posso pubblicare solo foto degli esterni. Andando sui motori di ricerca si possono però trovare immagini più o meno clandestine degli interni, bui e comunque difficili da fotografare in modo rapido.

Questo racconto è parte del mio libro Lo Spirito di Kyoto. Chi fosse interessato può acquistarlo a questo link

lo spirito di Kyoto

A perfect organization with lanes for the visit, lockers to store shoes and obsessive reminders to the absolute prohibition to take any picture inside the pavilion: the Sanjusangendo fifteen years after my first visit appears to me more like a museum than a temple.
Entering the hall, however, I realize that nothing has changed. Again I’m shocked by the impressive parade of hands, heads, rays, faces looking at me in the darkness. The thousand effigies of Kannon Bosastu, in gilded cypress wood, all 166 cm high, with 40 arms and 11 heads, create a truly magical effect, vaguely alien. It is difficult, if not impossible, to describe what Sanjusangendo really is.
Sanjusangendo is the popular name of the Rengeo-in, the Palace of the King of the Lotus, founded by Emperor Goshirakawa in 1164. San-jusan means “33”, like the  spaces between one pillar and another in this room which is considered the longest wooden structure in the world with its 120 meters.

In the middle of the long, narrow and dark room the main statue of Kannon stands, three metres high, 1000 arms and eleven heads, carved in 1254 by Tankei. To the right and left, arranged in neat rows, 1000 “copies” imperceptibly different from each other, preceded by  28 wooden statues of Guardians. Stopping beside the god of Thunder, an impressive image that opens the series of Guardians, I can have a first impression of the madness in front of me. I wonder why the monks of the Rengeo filled this pavilion so obsessively, even though only 124 were part of the original project of the twelfth century. The other 876 were added a century later, when the complex was expanded, triggering an incredible race to excess. Kannon can have 33 forms (hence the number), and that each of his 40 arms (excluding the two main as a human figure) has the capacity to save 25 worlds, that’s 1000, the Buddhist number equivalent to infinity. 10 additional heads look in any direction, to find out where really is necessary a compassionate intervention: 10 faces are facing the four cardinal points, four collateral directions, zenith and nadir, the eleventh, the central, is the place of the supreme awakening. The hands holds a rosary, a vase of nectar and a lotus flower. Really that it is not just a vision of mad monks. Arriving in front of the gigantic central figure of Kannon, I discover that, despite the initial impression to visit  a museum, that’s a temple. Tendai monks assist pilgrims who  address special intentions to Kannon by lighting candles and incense. There is even a sign reproducing a English version of a prayer to  Kannon . At the opposite end of the dark hall, the Wind Deity turns his eyes towards the centre, guaranteeing, with his twin, the Deity of Thunder, rains and success of the harvests. Sanjusangendo is an amazing temple and you must visit it if you visit Japan.

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