Oggi, alle 12.40, al Circolo dell’Ortica, in via san Faustino 5 a Milano, parlerò del mio libro “Lo spirito di Kyoto” ma anche della presenza, in due dei paesi più tecnologicamente avanzati del mondo, come Giappone e Corea, di culti antichi, animisti, sciamanici e primordiali.
Ho spesso parlato in questi post legati al mio libro “Lo Spirito di Kyoto” di come lo scintoismo giapponese sia una sopravvivenza quasi inspiegabile in uno dei paesi più avanzati del mondo. Essendomi stato chiesto di tracciare un breve parallelo tra la religione giapponese e quella coreana, ho cercato di mettere in evidenza come, in entrambe, convivano, dietro una apparente dichiarazione di laicità, influssi e tradizioni simili. La matrice comune di queste esperienze religiose può essere ricercata nella grande importanza che per entrambe riveste la Natura, in particolare le montagne e le acque. In questi luoghi vivono ancora spiriti che si incarnano in alberi, fonti, pietre e a cui si devono portare offerte. C’è alla base di questa devozione diffusa in tutta l’Asia Orientale, Mongolia, Siberia, Kamchatka, il rapporto con una natura estrema che incute terrore e che si vuole ingraziare. Tutto deve essere poi filtrato, specialmente in Corea, con il determinante apporto cinese, dove tutte queste credenze primordiali furono elaborate dal taoismo popolare che fondeva i principi altissimi di quella filosofia con, appunto, i culti domestici, della natura e degli antenati. Il culto degli antenati, senz’altro il principale tra questi, è alla base anche del Confucianesimo che in Corea ha avuto vita lunga poiché protetto dalla dinastia degli Joeson ed è ancor oggi alla base della vita sociale coreana. Anche il buddismo, in entrambi i Paesi, ha saputo integrarsi con queste credenze, piuttosto che contrastarle, costruendo spesso i propri templi nei medesimi luoghi. La principale differenza tra la vita religiosa coreana e quella giapponese è rappresentata dall’importanza che qui vi ha il cristianesimo. Mentre in Giappone, in virtù della politica xenofoba e protezionista attuata dagli shogun a partire dal XVI secolo i missionari cristiani furono banditi e perseguitati fino alla metà del XX secolo, in Corea ci fu più attenzione per l’Occidente e, a partire dal XVII secolo, i missionari cristiani, specialmente protestanti, trovarono terreno fertile in una nazione assetata di novità e desiderosa di emanciparsi dagli ingombranti vicini, cinesi e giapponesi. Oggi i cristiani in Corea rappresentano una importante fetta della popolazione, la più progressista e urbanizzata, quella più ostile al revival dello sciamanesimo che non è diffuso solo in campagna. Sulle colline di Seoul è tornato di moda un quartiere dove ancora si trovano i santuari dello sciamanesimo. Le sciamane coreane, dette Mudang, sono in genere donne e spesso ricevono il “dono” da una maestra e si impegnano a risolvere problemi di vita pratica e, soprattutto, a interagire con il mondo dei defunti.
Le imminenti Olimpiadi invernali che si svolgono in Corea accenderanno l’attenzione su questo paese molto interessante e ricco di ricchezze artistiche e culturali ma spesso schiacciato tra le due culture dominati dell’Estremo Oriente. Sarà un Corea efficiente e modernissima quella che si mostrerà al mondo a Pyeong Chang ma chissà se questo focus mediatico turberà gli spiriti delle montagne oppure li sfiorerà soltanto nella loro immutabile, incomprensibile, insondabile terribile serenità!
Per finire due consigli di lettura:
Tempo fa ho letto un romanzo che oggi consiglio a chi voglia approfondire in modo non cattedratico questa tradizione: si chiama “La Sciamana di Chatsil“, di Kim Tong-Ni, edito da ObarraO, ed è incentrato proprio sul difficile rapporto tra tradizione e modernità incarnato qui in un rapporto tra madre e figlio.
Per quanto riguarda invece il Giappone suggerirei un breve romanzo di Mishima Yukio “Pellegrinaggio ai tre Santuari di Kumano”, incluso nel secondo volume dei Meridiani di Mondadori, approccio di uno scrittore sofisticato a una tradizione antica.
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