Un piccolo tempio discreto, un luogo inaspettato, una perla taoista, una statua vivente che ammiro e da cui mi lascio guidare in un viaggio di fantasia.
Il Santuario del Dio del Fuoco non si trova sulle guide turistiche di Pechino. Non è evidentemente abbastanza artistico da meritarsi uno spazio. Ed è un vero peccato perché si tratta di un tempio taoista attivo e di grande fascino. Ci sono capitato per caso, perché segnalato in una delle uscite della metropolitana di Shichahai, che conduce nella rinnovata e modaiola zona dei laghi, a nord della Città Proibita. Una divinità del fuoco è di per se stessa una presenza sorprendente, perché è una specie di archetipo religioso, presente in tutte le cosmologie antiche ma poi trasformata o integrata in figure mitologiche più evolute. Trovarne una a poche centinaia di metri dal cuore di una delle più dinamiche città del mondo, è senza dubbio sorprendente. Non è neppur una figura consueta nei templi taoisti: una specie di demone, rosso, con due occhi da spiritato, ma rivestito con manto regale.

Il suo tempio risuona di musiche tradizionali e ci sono i consueti profumi di incenso che la giornata ventosa diffonde in modo ancor più capillare. Poi bandierine colorate con i segni del Tao e, ferma come una statua, accanto a una vera statua, una praticante vestita di bianco, in postura da qi gong, che il sole, liberato dalle nuvole, colpisce inesorabile sulla fronte. Mi siedo e ascolto le musiche, le bandiere al vento, le gocce che cadono dai tetti, il bisbiglio di preghiere di una vecchina che si sposta di altare in altare, e spio la taoista in bianco, sempre lì immobile sotto il sole che si fa sempre più implacabile. Mi aspetto che abbia un segno di cedimento o che il Dio del Fuoco la possegga, facendola ardere e trascinandola con sé verso il cielo.

I canti si susseguono, e mi distraggo ad osservare una divinità vestita di bianco che chiamano Chiang Daoren, e che altro non è che la versione Tao della buddista Guanyin, che a sua volta mi ricorda tanto la Madonna, che a sua volta appare come Iside e che ci porta indietro, indietro, alla ricerca di una divinità misericordiosa, che non può essere che una Madre, archetipo della Benevolenza e della Misericordia. Sono qui, circondato da archetipi, ma voglio vedere che ne sarà della statua in meditazione. Con la coda dell’occhio la vedo ora ondeggiare lentamente: ecco sta per cedere, penso, ma no, lei non cede, lei continua. Un monaco, che come ogni cinese pare in simbiosi con il suo cellulare, solleva appena lo sguardo mentre entro in un’altra sala piena di piccoli idoli dorati. Ed è in quel momento che colgo come un lampo. Mi giro e la statua non c’è più: che il Dio del Fuoco l’abbia finalmente assunta a sé? Mi piace pensare a quell’epilogo e mi avvio verso l’uscita. Ed è allora che ho una visione furtiva, in un angolo di una sala, dove, vestita di bianco la mia statua adesso sta… guardando un cellulare.
OGNI ARTICOLO DIVENTA UN VIAGGIO! SE SEI INTERESSATO A ORGANIZZARE UN VIAGGIO SUI TEMI TRATTATI DA CITYPILGRIMBLOG LEGGI QUI

A small shrine, a Taoist hidden pearl, and a white living statue suggesting me
The God of Fire Shrine is a small, charming Taoist temple you can’t find on a Guidebook. Too small, too simple to earn few words in some mainstream book, I discover it on the subway map, in the Shihaicai station, in the trendy, new touristic area of the Lakes, north of the Forbidden City. The temple is full of all the signs you can expect from a perfect Taoist site: ancient music, incense scent, flags with tao symbol. The God of Fire is not a common presence in Taoist Temples: a red demon, dressed in a regal cloak, his black eyes looking at you in a foolish way. It’s strange to find this archetype of god in the heart of one of the smartest Asian cities. As I seat listening to Taoist music and the sound of drops falling from the roof, I see a white-dressed Taoist woman in a qi gong position, still as a marble statue, near a real, wooden statue of a god. The sun hits her head but she doesn’t stop her qi gong and I guess if the God of Fire is ready to take her body, burned for the sun rays, to some Taoist heaven. I go around the temple always checking her position. Still. I meet a hall where the Taoist Chaoren Goddess is venerated, something similar at Buddhist Guanyin, at Christian Mary, at Isis, going back and back in the religious history, searching another archetype: the Merciful Mother. I check: still. A young, fat, Taoist monk, that like all Chinese guys lives in perfect symbiosis with his smartphone, moves his eyelid when I enter a hall full of little golden idols. Then I feel that something is changed, something like a flash… I turn my head and I see that the white-dressed statue is disappeared. God has taken Her, I think, and this story seems so real and appealing. Later, walking to the temple’s exit I see something of white in a dark corner of a secondary hall. My living statue is right there, looking at her… smartphone!
2 commenti